IL GOTHA DELL’ECONOMIA
«Come superare l’inverno demografico»
Valerio De Molli ha aperto il Forum di The European House Ambrosetti con riflessioni e proposte

Un «inverno demografico sta ridisegnando il perimetro del nostro mondo con implicazioni di medio lungo termine gravissime». Valerio De Molli, managing partner e amministratore delegato di The European House - Ambrosetti ha aperto oggi, venerdì 1 settembre, la 49esima edizione del Forum a Cernobbio invitando politici ed economisti a riflettere su questo tema.
L’intervento è De Molli è oggi sulla Prealpina in edicola. Ecco le sue riflessioni: «Assistiamo nel mondo occidentale, in particolare in Europa e in Italia, a quello che tanti demografi hanno definito “inverno demografico”: i tassi di natalità sono precipitati nell’ultimo cinquantennio registrando -58% in Europa, -65% in Italia, -53% in Nord America, -77% in Giappone».
«Il tasso di fertilità - aggiunge De Molli - per mantenere l’equilibrio demografico stabile è pari a 2,1 ogni donna. Appare quindi drammatica la realtà italiana, dove si registrano solo 1,24 figli in media per donna. È il Paese peggiore in Europa insieme alla Spagna, e lo è anche per tasso di natalità: nel 2022 ha raggiunto il minimo storico di nuovi nati, scesi sotto la soglia di 400 mila bambini. Dal 2002, il gap tra natalità e mortalità è strutturalmente negativo, con il numero di morti che supera il numero di nuovi nati. Nel 2022 si sono registrati meno di 7 neonati e più di 12 decessi per 1.000 abitanti. Secondo lo scenario peggiore stimato da Istat, il Paese passerà dagli attuali 59 milioni di abitanti a 51 milioni nel 2050. Abbiamo stimato inoltre che, se gli attuali tassi di natalità e mortalità non dovessero cambiare in futuro, l’ultimo italiano nascerebbe nel 2225 e la popolazione italiana cesserebbe di esistere nel 2307».
I RISCHI
«Desidero - spiega De Molli - portare alla vostra attenzione alcune implicazioni per dimensionare la portata del problema con riferimento al caso italiano.
Una popolazione di 51 milioni nel 2050 comporta per il Paese una perdita economica pari a un terzo del Pil. A parità di altri fattori, chi si preoccupa di questo? Come rispondere a questo disastro?».
«Se ipotizziamo - osserva - invece i tassi di crescita del Pil al 2050 previsti dal Mef, in uno scenario con circa 8 milioni di italiani in meno, la produttività dovrebbe almeno raddoppiare rispetto al dato attuale. Non è mai successo nella storia ed è oggettivamente un obiettivo irraggiungibile senza un profondo ridisegno del modello economico del Paese».
«Inoltre, l’attuale modello di welfare sarebbe insostenibile. Secondo le nostre stime, in uno scenario di minori immigrazione e natalità, il rapporto debito pubblico/pil esploderà, raggiungendo 220% nel 2070 (vs 170% nello scenario baseline del Mef). Nel 2070 ogni persona alla nascita si troverà con un debito pari a 127 mila euro, pari a quasi 3 volte il valore attuale. Il rapporto tra pensionati e lavoratori passerà dall’attuale 1:4 a 1:1 nel 2050, rendendo insostenibile il sistema. Anche i sistemi sanitari subiscono la pressione dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento delle malattie croniche: oggi la spesa sanitaria pubblica è pari a 134 miliardi di euro, ma esploderà fino a 220 miliardi di euro nel 2050. Un danno irreparabile sarebbe inoltre subìto dal capitale umano e dalla generazione di nuove idee che guidano la crescita. ma in assenza di nuove idee, la crescita si arresta. l’equazione vincente è: più giovani = più innovazione = più cambiamento = futuro migliore per tutti» spiega l’ad di The European House - Ambrosetti.
LE STRATEGIE
«Serve una visione del futuro ambiziosa e motivante e politiche che devono essere sistemiche e non estemporanee. bisogna affrontare il tema con un orizzonte di lungo termine agendo su due leve parallele: gestire l’attuale squilibrio demografico e aumentare la natalità. Abbiamo elaborato delle proposte. In primis bisogna agire sull’immigrazione, aumentando immediatamente ad almeno 250mila l’anno la quota di permessi di soggiorno per motivi di lavoro, rispetto alla media dell’ultimo quinquiennio di 58.000. Inoltre sarebbe da sviluppare una politica di attrazione di immigrati qualificati con progetti di vita di lungo periodo attraverso uno skilled immigration act sul modello tedesco. Occorre poi realizzare una legge sull’immigrazione che favorisca, oltre agli ingressi, meccanismi di integrazione e mobilità sociale» le proposte di De Molli.
«Gli anziani potranno diventare da costo a risorsa favorendo l’allungamento della vita lavorativa (anche fino a 75 anni) su base volontaria e promuovendo il coinvolgimento degli anziani in servizi a supporto della collettività, anche tramite la loro partecipazione ad iniziative di co-housing. Possiamo inoltre fare leva sulla tecnologia, inserendo l’automazione e la robotica tra le filiere strategiche del paese e dando il via ad una fase sperimentale nell’impiego di robot per l’assistenza e il supporto agli anziani, con il successivo stanziamento di risorse per favorirne l’impiego».
«Occorre poi investire - conclude De Molli - nelle politiche di conciliazione vita-lavoro in un’ottica di promozione della genitorialità, ad esempio attraverso lo strumento dei congedi (rendendoli obbligatori e favorendo quelli parentali e di paternità, da portare a 72 mesi i primi e a 4 mesi i secondi) e del part-time (anche maschile)».
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